domenica 26 ottobre 2008

Poetica degli spazi geometrici




A me dispiace sempre un po' quando viene denigrata la geometria. Perché secondo me la geometria non è, come nell'immaginario comune, una sfilza di regole da imparare a memoria su come si calcola un'area o un volume, anche se nel tempo ho imparato ad apprezzare tali regole, che secondo me sono un magnifico esempio dell'ingegno umano, molto più delle pindariche trovate di Mc Gyver. La geometria mi emoziona e mi propone visioni che hanno molto più dell'estetico che dell'aritmetico. Basti pensare alla retta, che noi schematizziamo con una rozza linea di matita su un foglio. Beh ... quella retta è davvero una cosa diversa da quella linea. Innanzitutto è infinita, non inizia da nessuna parte e non finisce da nessun'altra e questo, se ci pensate un po', già fa venire le vertigini. Poi quella retta non ha spessore. Quando noi disegniamo la linea con la matita in quel segno ci abbiamo acciaffato un'infinità di rette parallele, perché la retta non ha alcuno spessore percepibile, è fatta di punti e i punti esistono senza avere alcuna dimensione. E costruiscono tutto il resto, sempre senza avere alcuna dimensione. E noi invece pensiamo a dei pallini, in fila uno dietro l'altro a formare una fila che sarebbe la nostra retta. Niente di più sbagliato, tra due di quei puntini ce n'è sempre un altro, e sempre è così, quindi per quanto cerchiamo di zoommare nella visione della nostra retta, e di entrare nell'infinitamente piccolo, ci ritroviamo una situazione sempre identica, tra due punti ce ne sono sempre infiniti altri, lo spessore è sempre uguale, e sia a destra che a sinistra non se ne vede la fine. Affascinante, no?
E tutte queste rette vanno a riempire lo spazio (esattamente come tutti quei punti vanno a riempire le rette), sia esso uno spazio bidimensionale o tridimensionale (anche più grande volendo, ma tanto nessuno di noi riuscirà veramente ad immaginarlo uno spazio geometrico con più dimensioni). E la parola spazio perde la sua sideralità, la sua vuotezza. E nella mia mente lo spazio si popola di infinite righe che connettono due punti a caso, di balletti di rette che formano figure geometriche danzanti come gli stormi di uccelli che popolano il cielo in autunno. O se volete come i vecchi salvaschermi di windows, che però sono molto meno poetici.
La geometria per me è questo: una danza, un'evoluzione, uno scivolare di dimensioni, un riempimento di spazi, uno svuotamento dalle compressioni.
Col tempo, accettando di non poter visualizzare, ho imparato a percepire gli spazi geometrici. E ne sono rimasta sempre affascinata. La geometria non si può esaurire nei parallelepipedi. Nella geometria ci sono gioie infinite, come la topologia, disciplina per la quale una sfera è un oggetto completamente diverso da una sfera senza un punto, ma tra quest'ultima e una tazza non vi è differenza alcuna. Involucri che cambiano di forma senza alcun problema, a patto di non essere mai tagliati, incollati o superstrizzati. Superfici con due facce apparenti che in realtà puoi percorrere senza staccartene mai. Non mi sorprende affatto che Escher sia riuscito a fare con la geometria delle vere e proprie opere d'arte. Per me le bottiglie di Klein o i nastri di Moebius (particolari figure geometriche) hanno una bellezza struggente. E non capisco come si possa provare paura in un mondo popolato di ciambelle, arance, tori e festoni.
Purtroppo però questi mondi, che riempiono libri e libri (direttamente o indirettamente) non entrano che di rado nelle nostre vite. E la loro bellezza rimane un mistero non riconosciuto, per cui pochissimi sono disposti ad ammettere che c'è un'estetica intrinseca nella matematica commovente quanto un Raffaello o potente come un Rothko.
E se dico che mi posso sciogliere in un pensiero topologico come nel requiem di Mozart, vedo dall'altra parte uno sguardo compassionevole di chi ammira la passione, ma pensa che sia una mia trovata per mettere allo stesso livello queste sterili materie con cose sublimi come l'arte e la musica.
Quello che lo sguardo compassionevole non percepisce è la mia tristezza. Perché a quella mente, per illuminata che sia, sono precluse altre forme di piacere e di appagamento.

martedì 14 ottobre 2008

Mi chiamo Va_Lentina e sono facebook addicted
















La realtà è che ci sono cascata con tutte le scarpe. Ho tenuto duro per un po', per un bel po' direi, ma alla fine la dipendenza ha vinto.
Quando mi sono iscritta non capivo nulla, poi ho cominciato a mandare stronzate in giro, a iscrivermi ai gruppi, a mandare le mail. Le prime chat, gli amici trovati dalle pagine degli amici.
Per un sacco di tempo facebook era una cosa accattivante e un po' repellente. Tutti se ne lagnavano e solo qualcuno era veramente sotto, lo trovavi tutto il tempo, ti scriveva sulla bacheca. Io pensavo solo a dare da mangiare al cane e a mandare sushi ai miei amichetti. Una roba di cinque minuti al giorno.
Piano piano la cerchia degli amici si è fatta sempre più ampia, ma ancora solo cavolate, non ne capivo davvero l'attrattiva.
Poi è arrivata la prima fissa: "Who has the biggest brain". Un giochino tipo quelli del Nintendo DS di Alice, di quelli in cui io sono tanto brava per intenderci. Ho cominciato a passare li davanti tutto il tempo che prima passavo in cavolate e giochini altrove. Mi sono ingarellata con gli amici, li ho battuti (spesso), sono stata battuta (raramente, ma inesorabilmente).
Una prima ondata di passione.
Intanto gli amici erano sempre di più, quasi tutti di capoeira, ma cominciavano a spuntare anche dal passato e da provenienze insospettabili.
E per ciascuno una serie di foto, una lista di amici da verificare, una nuova liaison con altre persone conosciute. Così incominci a prenderci veramente gusto a farti i cavoli altrui.
Una seconda ondata di passione.
Ho iniziato a cambiare stato sempre più spesso.
E quanto più tempo ci passavo, quanti più amici venivano a galla, quanto più chat si aprivano, quante più lettere arrivavano. Commenti, scritte sulle bacheche, richieste di amicizia.
Poi la conquista definitiva: le assurde coincidenze. Sono queste che mi hanno dato la scossa di adrenalina che mi ha resa completamente facebook addicted.
Una persona carissima ritrovata per vie insospettabili. Una sorella acquisita che lavora fianco a fianco ad un'amica del liceo. Un amico d'infanzia di Federico, il cui padre è il vicepreside di Alice.
E poi ... sempre più amici lontani. Foto, tag, chat ... la sensazione di essere in una seconda vita (altro che second life), in un altro spazio spazio tempo in cui puoi essere invisibile o assolutamente plateale. Una seconda possibilità per molti versi. Una pubblica gogna per molti altri.
A questo punto mi ci trovo impastata mani e piedi. Inizia a rubare tutto il tempo del blog, della "capoeira a casa", delle telefonate.
Detesto chi se ne tira fuori e chi guarda facebook con sguardo altezzoso. Detesto chi si sente troppo spiato e ha paura di essere taggato nelle foto. Troppo facile sputarci addosso. Più difficile divertirsi nonostante tutto. Un po' come nel resto. La volpe e l'uva è una favola che mi ha sempre messo a disagio.
Detto questo, troppo spesso è la sagra della futilità. Necessaria e provvidenziale, ma non esaustiva.
Quindi tento timidamente di riprendere il blog e altre cose meno immediate della vita, perché già so che facebook, come tutto il resto, sarà ad ondate successive e non è detto che saranno tutte di passione. Datemi una mano ;-)

mercoledì 8 ottobre 2008

Staccamoje le mani















Giù le mani dai bambini, giù le mani dalla scuola pubblica. A questa Gelmini, che tanto fa e rimaneggia in una delle poche aree decenti nella nostra Italia, le mani andrebbero staccate.
Il decreto per la scuola (approvato alla Camera nel maxiemendamento) è assolutamente scandaloso e deleterio. Non solo per i bambini, per i genitori e per le insegnanti, ma per l'intero Paese.
Queste riforme non possono che impoverire la scuola soprattutto quella elementare. E una nazione con una scuola pubblica così impoverita non solo è poco civile, ma è anche a rischio.
Chi formerà la classe dirigente del futuro? Come penserà? Dove andrà a finire l'Italia? Perché dobbiamo rassegnarci ad una scuola privata, classista e superficiale?
Qui non si sta chiedendo di dare più soldi a persone che lavorano (secondo alcuni poco e male) o di pagare un luogo in cui i genitori parcheggiano i bambini. Qui si sta chiedendo di dare stabilità a una struttura portante della nostra democrazia, già piuttosto vessata nell'ultimo decennio.
Invece questa struttura (la scuola pubblica italiana, per chi si fosse perso) viene vista solo come un sacchetto da cui attingere. Era stato levato tutto alla scuola, mancavano solo gli stipendi degli insegnanti, quindi leviamo gli insegnanti. I soldi non andranno alla scuola comunque.
Le elementari saranno le più colpite dalla Gelmini. A me in fondo non riguarda direttamente, perché Alice ha quasi finito, ma ... non è una battaglia di chi ha i figli che vanno a scuola, è una battaglia di tutti, perché ci stanno levando da sotto al culo dei diritti sacrosanti ed elementari (scusate il gioco di parole). E noi ce lo facciamo fare senza muovere un dito? Solo perché ci abbindolano col sorriso sulle labbra? Solo perché non riguarda l'orto di casa nostra?
Per favore. Questa, ripeto, è una battaglia di tutti ... combattiamola tutti!!!


L'immagine è un disegno che ha fatto Ali in I elementare e che fa parte di un libro fatto da tutta la classe su una fiaba italiana rivisitata da Italo Calvino. E' la storia di Pierino Pierone che cerca di salvarsi dalla Strega Bistrega che lo vuole dare da mangiare alla figlia Margherita Margheritone . La fiaba si chiama "Il bambino nel sacco" e la consiglio a tutti!!!

martedì 7 ottobre 2008

«Un asteroide ci sta cadendo addosso»


Interrompo per un attimo le mie cronache veneziane (che sono quasi agli sgoccioli) per segnalare questa catastrofica notizia. Stamattina apro il Corriere della Sera online e noto questo titolo con accanto la foto di una massiccio sassone spaziale. Ovviamente non credo alla news (ne abbiamo parlato parecchio ultimamente del terrorismo mediatico sulla scienza), ma la apro perché mi incuriosisce. Quello che leggo è che il pianetino (sinonimo di asteroide) in realtà è un sassetto di circa quattro metri e al momento in cui il lettore apre l'articolo si è già bello che schiantato. Dalla prima frase dell'articolo si capisce che nessuno ha mai pensato a un pericolo. Un sasso di quattro metri che si disintegra nell'atmosfera, vuol dire che al massimo qualche ghiaiettino arriverà a colpire il suolo terrestre, certo se ti casca in testa a quella velocità ti ammazza, ma devi essere veramente sfigatissimo perché ti capiti, credo sia meno probabile del proverbiale vaso di fiori. Insomma non c'è nessun rischio e nell'articolo questo particolare viene ribadito più volte. L'interesse per l'avvenimento è dato dal fatto che per la prima volta si è visto un pianetino in rotta di collisione e se ne osserverà tutta l'evoluzione, soprattutto l'esplosione da un chiloton all'impatto con l'atmosfera terrestre e la scia luminosa che ne conseguirà (le stelle cadenti sono sassolini minuscoli che si bruciano nell'impatto con l'atmosfera).
Ora non voglio tornare sempre sullo stesso tema, ma ... era proprio necessario 'sto titolo???
La prima cosa che ti viene in mente leggendo una frase così è ... "cazzo, scansiamoci", poi pensi a maremoti, terremoti, eruzioni vulcaniche, cortine di fumo nell'atmosfera, dinosauri estinti, glaciazioni, assestamenti del moto terrestre, disastri. Fra te e te sei già finito e ti consoli pensando che magari si estingue pure Berlusconi. Invece niente. nessun Armageddon. Ti senti comunque a rischio di sopravvivenza (non si sa bene perché, forse solo perché leggi i giornali), Berlusconi resta al posto suo e in Arabia Saudita si godono lo spettacolo. Insisto ... ma che bisogno c'era di titolarlo così??? Mo ci provo pure io con questo post, voglio vedere se aumento le letture!!!!!

lunedì 6 ottobre 2008

Diario veneziano (parte terza)




Continuo a chiudere le connessioni wireless. Qui non c'è segnale. Sono tre giorni che non mi connetto,ma sto bene lo stesso. In fondo scrivo uguale, solo che il mio diario verrà messo in rete in differita. Quello che mi manca sono le previsioni del tempo.
Oggi a Venezia era nuvolo, e nel pomeriggio anche piovoso. Questo non rovina l'atmosfera, anzi ... Venezia deve avere sempre un po' di grigio e di decadente. Le dona. Deve essere difficilissimo mantenere un'aspettativa estetica così elevata.
Oggi è martedì, i musei sono quasi tutti chiusi. Siamo arrivati al Fortuny dopo una deludente visita al museo di storia naturale, bellissimo, ma con tanti lavori in corso (aperte solo due sale, splendido il palazzo). Ma il Fortuny era chiuso, come erano chiusi Ca'Rezzonico e il Museo Navale. Così ci siamo dati ad un blando shopping di pensierini e cartoline, alla visita di chiese e alle ombrete de vin.
Sempre passeggiando e perdendoci per calli, rii terrà, rughe e campi.
Verso piazzale Roma palazzi più moderni e stonati. Bellissima questa zona (San Giacomo dell'Orio): bei ristoranti, belle pasticcerie, belle vinerie, bella anche la piazza. Simpatici i veneziani, scorbutici all'inizio, ma di fondo ospitali e gentili.
Ho deciso di fotografare le scritte e di cercare un wireless domani, chissà se me ne ricorderò!!!

domenica 5 ottobre 2008

Diario veneziano (parte seconda)



E' strana Venezia, la terza volta che ci vengo eppure la maggior parte dei posti mi sembra del tutto nuova. So di essere già stata in questo o in quell'altro posto, ma non me li ricordavo così e non trovo i posti che mi ricordo, come se la città cambiasse continuamente. Anche le atmosfere cambiano dal giorno alla notte e così mi sembra di non essere mai passata di là, anche se si trattava di poche ore prima. Questo continuo perdere riferimenti me la fa sembrare una città nuova ogni volta, ma è allo stesso tempo una città conosciuta da sempre. Sarà stato il bel post di Marieta a suggestionarmi o i continui riferimenti a Calvino , ma non posso non pensare alle città invisibili, di cui Venezia (reale e irreale) fa banalmente parte. So che è un'associazione ovvia, ma sperimentarla sulla propria pelle (e sui propri piedi) è un altro paio di maniche.
Più concretamente Venezia mi sembra una città che si ribella alla corrente di centro-destra che sferza il Paese. Dopo anni vedo scritte come Aut.Op. o boicotta la coca-cola. Non c'è traccia si slogan destrorsi e anche il famoso adesivo di cui parlavo in precedenza alla fine si è rivelato un adesivo contro la Lega. Scritte contro Lega e leghisti compaiono disordinatamente in tutta la città.
Al di là dei soliti itinerari romantici e turistici (assurdo, ma la città è invasa, anche in questa stagione), questa è una città viva, seria, impegnata e pulsante.
Anche artisticamente. Discutibile il nuovo ponte di Calatrava, bello (ma non innovativo) da sotto, deludente da sopra. Ci sono i vigili perché la gente continua a cadere e a farsi male. Sicuramente più estetico che etico. Pazzesche le pasticcerie, domani vorrei provare un'ombreta de vin, visto che finora ho bevuto solo birra. Però non so, oggi ho visto tante cicchetterie e vinerie, ma domani dove mi sveglierò?

Diario veneziano (parte prima)











Pubblico un po' per volta ciò che ho scritto a Venezia, sul mio Open Office, dato che non avevo rete. Il blog è soprattutto un diario e stavolta il mio diario è stato pensato per andare sul blog, quindi ....


Sarà la stanchezza o sarà il disincanto dell'età, ma Venezia, che è sempre meravigliosa, mi sembra più banale delle altre volte. Per banale intendo italiana, di quell'italianità squillante e volgare che contraddistingue tutta la penisola. In più ho trovato in alcuni scorci l'atmosfera della piccola italianità del nord, che ha una tristezza tutta sua, per niente associabile con l'idea di Venezia.
A parte questi dettagli (arrivati come sprazzi momentanei e abbandonati velocemente), sono poche le note negative: le gondole sembrano delle vere e proprie bare galleggianti e la città è tappezzata di adesivi ambigui. Gli adesivi dicono: “Venezia è casa mia e a casa mia io non ti voglio”, c'è un pugno e un omino della lega nord. Dico ambiguo perché non si capisce se è della Lega Nord oppure se è contro la Lega Nord, ma ammetto di avergli dato solo un'occhiata, domani saprò dire meglio.
Lasciando da parte la lamentela (perdonatemi, ma qualche sfogo lo devo tirar fuori, a parte la stanchezza del periodo oggi Alice ci ha fatto vedere i sorci verdi, lagnandosi in continuazione), questa città è davvero bella, intensa, piena di storia, estetica, diversa e meravigliosa. Perdersi in giro per la città un dovere, un dovere molto semplice, ma alla lunga impossibile, perché a Venezia ti perdi in un secondo e ti ritrovi appena ti serve ritrovarti.
Tante sensazioni, soprattutto visive, ma poca voglia di scriverle perché ora sono esausta. Tanto questo post non potrà andare in diretta, che qui non c'è il wireless. Attendo domani con ansia per andare in giro un po' più riposata e riuscire a raccontare qualcosa in più che semplici emozioni.


Non so se l'ho scritto nelle puntate successive, ma l'adesivo era contro la Lega e fa parte di una serie di scritte che ho trovato in giro per la città e ho anche fotografato, ma che ora non posso mettere perché ... non ho voglia di disfare le valigie :-)