giovedì 5 giugno 2008

Un brindisi ai biocarburanti




Mannaggia. E' da ieri che cerco di scrivere un post sui biocarburanti e non ci riesco. Ne scrivo un pezzo, poi mi distraggo, poi ne scrivo un altro pezzo, rileggo quello di prima e lo cancello. Mi sento Penelope. Ho avuto quasi la tentazione di lasciar perdere, dimenticando tutto, ma gli elicotteri Fao (che avevo utilizzato per l'apertura del post) continuano a ronzarmi sulla testa e rendono l'operazione di rimozione piuttosto difficile. Ce l'ho dentro e lo devo far uscire. A questo punto però faccio come quando non mi torna una dimostrazione matematica, ricomincio tutto da capo su un foglio nuovo.
Vediamo un po' ... si parla di biocarburanti. Se ne parla al vertice Fao (quello degli elicotteri che da tre giorni ci svolazzano sulla testa) e se ne parla sui giornali. In realtà se ne parla da un bel pezzo, però ieri ho letto un articolo sul Sole-24 Ore che ho trovato piuttosto interessante.
Riassumendo brevemente (e superficialmente), la problematica è la seguente: non si può andare avanti con i carburanti classici. Perché dipendono dai combustibili fossili e i prezzi stanno schizzando alle stelle (il petrolio in realtà è calato, ma la benzina manco per niente, si sa, è una vecchia storia), perché prima o poi finiranno e anche perché inquinano troppo.
Bisogna inventarsi dei carburanti che non siano proprietà esclusiva di alcune zone geografiche. Riproducibili con continuità (fonti rinnovabili). E che inquinino meno.
Ecco allora che nascono i biocarburanti, cioè carburanti che provengono dalle coltivazioni.
I biocarburanti però comportano un po' di problematiche. Tra tutti quello di alzare i prezzi delle materie prime agricole. Se infatti tutti decidono di riconvertire i campi per produrre coltivazioni utilizzabili a questo scopo, eccola là che ci sarà meno produzione di cibo. E il mondo non ha bisogno di meno cibo, anzi ...
Cosa si fa a questo punto? Si lasciano perdere i biocarburanti? No, perché il petrolio fa come cazzo gli pare, costa troppo e inquina (inutile dare da mangiare a tutti per tenerli in vita e morire di inquinamento). Sarebbe come buttare via l'acqua sporca del bagnetto con tutto il bambino (chiedo scusa per la metafora, ho scoperto che ad alcuni da fastidio).
Nell'articolo (di cui sopra) si parla di biocarburanti buoni e biocarburanti cattivi. Con le dovute virgolette ovviamente.
Europa e Usa stanno cercando di produrre una quantità considerevole di biocarburanti a partire dalle coltivazioni di cereali, granturco e grano. Questo non è buono. Per prima cosa si leva materia prima al cibo e poi non conviene affatto. Per produrre il carburante si utilizza la stessa energia che si ottiene o giù di li (uso 1 joule di energia per produrre carburante che equivale a 1 joule, massimo 1,5 joule).
In Brasile invece l'etanolo si ricava dalle canne da zucchero (in Brasile moltissime cose si ricavano dalle canne da zucchero, ad esempio la cachaca per fare la capirinha). E questo è l'esempio di biocarburante buono (come la caipirinha?). Le coltivazioni di canna occupano il 2% dei terreni agricoli del gigante sudamericano, ma la metà viene utilizzata per scopi alimentari. Quini per il bioetanolo viene utilizzato l'1% delle coltivazioni brasiliane. E pare che sia sufficiente. Utilizzando 1 joule di energia si produce combustibile per 8,5 joule (un rapporto molto favorevole) e con un solo ettaro di coltivazione si producono 6.800 litri di carburante. Niente a che vedere con gli etanoli prodotti da Europea e America. Inoltre "la canna assorbe ossido di carbonio mentre cresce e l'etanolo lo elimina, in parte, quando impiegato come combustibile: le emissioni di ossido di carbonio dei veicoli alimentati a etanolo sono inferiori dell'80% a quelle di benzina e gasolio". Mica male, no? E non si deforesta nemmeno l'Amazzonia (ci abbiamo pensato tutti), perché, a quanto dice Lula, la canna da zucchero non cresce in quel clima.
Purtroppo non si potrebbe coltivarla ovunque (le barbabietole non hanno gli stessi superpoteri, ahimè) e per questo consigliano di investire più soldi sullo sviluppo dei biocarburanti di II generazione (dalla cellulosa) che non in piantagioni di grano, mais e cereali a scopo combustibile (e qui subentrerebbe tutto un discorso sulla differenziazione dell'agricoltura nei vari Paesi, sulla perdita delle varietà dei semi, sulla globalizzazione e anche sulla crescita esponenziale delle intolleranze alimentari, ma lo farò un'altra volta).
E' chiaro che tutti vogliono portare acqua al proprio mulino (i produttori al loro portafogli e gli ambientalisti alla salute della terra), però secondo me questo argomento merita accurate riflessioni.
Personalmente sono convinta che si possano trovare degli equilibri sostenibili, anche se solo in teoria, perché nella pratica le speculazioni fanno più devastazione di uno tsunami. Ma almeno un tentativo di percorrerle, queste strade alternative alle risorse fossili, bisognerà pur farlo, no?
Intanto, alla fine sono riuscita a scrivere il post (dimenticandomi le cose che volevo dire, quindi sembra più una lezioncina, ma è meglio di niente, no?).
E sono andati via anche gli elicotteri ... che bello!!!

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