Stamattina, come sempre, mi sono collegata ai più gettonati siti di informazione per leggere le notizie del giorno. Tra tutte quante quella che più mi ha colpito è stata quella sui vigili di Torino. Sarà perché ormai nei nostri media la cronaca la fa da padrona (unico caso nel cosiddetto primo mondo). Sarà che la politica mi ha nauseata e saturata. Sarà che le altre notizie, come quella dei neonazi di Verona, sono così sopra le righe da costituire, almeno nella mia testa, un'eccezione e quindi una reale notizia.
Quella di Torino invece mi colpisce perché va a toccare una serie di temi con cui mi scontro nel quotidiano. Sabato notte duecento ragazzi hanno aggredito tre pattuglie di vigili urbani (in tutto sette agenti) che stavano facendo le multe alle macchine mal parcheggiate in centro. Dopo averli presi a male parole (perché multavano e facevano rimuovere le auto in divieto di sosta, in mezzo alla strada e sulle rotaie dei tram) li hanno anche aggrediti fisicamente mandandone tre al pronto soccorso. Il tutto con fiero senso di giustizia, di impadronimento della proprietà e condito da filmati e foto con i telefonini, immediatamente scaricati su youtube.
Le cose che mi colpiscono sono varie. La prima è la mancanza di una coscienza civile. Una cosa trita e ritrita, ma che a me non smette di stupirmi. Soprattutto perché mi sembra che andando avanti con gli anni questa coscienza, che dovrebbe prima o poi subentrare in un popolo alfabetizzato e dotato di tutti i comfort e le possibilità, invece di comparire stia scomparendo totalmente. Ora quando si subisce il non rispetto di una norma civica ci si sente di subire la più totale ingiustizia. Ma perché non si capisce che è solo l'altra faccia della medaglia del non rispettare le leggi?
La seconda è la totale mancanza di rispetto per le autorità. Attenzione, non parlo di paura o di fede cieca, ma di rispetto. Il rispetto per delle persone che, oltre a fare il proprio lavoro per guadagnarsi il pane, cercano di far rispettare le leggi, permettendoci (a torto o a ragione) di vivere in una società civile.
Il terzo, e qui sto arrivando al punto, è la faccia da culo di gridare quando si pensa di aver ragione, ma in realtà non la si ha. Con la scusa di vivere una sorta di oppressione. Con la scusa di farsi rispettare. Con la scusa che gli altri non ci considerano come dovremmo. Si urla in faccia a chi sta giudicando (con l'autorità conferita) e gli si mette paura. Perché si urla più forte. magari perché si è in tanti.
Questo atteggiamento lo si vede ovunque, tranne con chi davvero ci ruba i soldi dalle tasche o ci mette i piedi in testa (forse perché in Italia le persone così sono considerate degli esempi da seguire ... e da votare). Lo si vede già nelle scuole, in quei genitori che invece di ascoltare e appoggiare il corpo insegnante gli urla contro, perché i figli prendono brutti voti. Guai a proporre di bocciare un bambino oggi, ti si sbranano vivo. Guai a dire a una mamma che il figlio a scuola si comporta male e non rispetta le autorità (lo so ... è tutto correlato), la mamma si spolpa l'insegnante e ne sputa le ossa, fiera, preferibilmente davanti al figlio. Non sto parlando dei genitori che denunciano delle cose che non vanno negli insegnanti o nella scuola. Ne hanno pieno diritto. Ma sbranarsi un'insegnante davanti al piccino di turno, dicendo che ce l'ha col piccolo e che non si deve permettere di fare quello o quell'altro, non è un buon insegnamento. Un conto è difendere la prole, un conto è disarginare un limite, senza vedere quanto questo danneggia il futuro della propria prole.
Altra cosa inquietante è la scarsa capacità di festeggiare e/o di protestare organicamente delle masse, ma l'estrema semplicità con cui ci si aggrega per essere prepotenti. Perché se si è in torto, e si pretende la ragione con la violenza si è semplicemente prepotenti. E hanno urlato solo perché qualcosa turbava o rovinava un fatuo divertimento.
L'ultima cosa che mi ha colpito della vicenda di Torino (e poi, per oggi, la smetto di fare la cittadina che protesta) è la naturalezza con cui si riprendono le scene da dietro ai telefonini (andate a cercare e a guardare il video se volete, io non ho messo il link di proposito). L'ho già visto fare con le pallonate a Campo dei Fiori. Alcuni urlano, nascondendosi in mezzo alla massa. Altri si sentono di partecipare ad un evento. ma la maggior parte non riuscirebbe a trovarsi la senza nascondersi dietro al telefonino con cui si fanno le riprese. Dico nascondersi perché quando stai fotografando o riprendendo qualcosa non sei veramente li. Sei dietro un dispositivo. Sei dall'altra parte di uno schermo, che è solo concettualmente diverso dallo schermo di una TV o di un computer. le persone che riprendono non sono veramente in quel luogo. Lo stanno esorcizzando, riportandolo alla loro più semplice forma di visione della realtà. Uno schermo, appunto. Probabilmente, se il telefonino scomparisse, si metterebbero un po' più in la a guardare la scena. Forse non parteciperebbero. Forse avrebbero anche da ridire o si metterebbero a parlare. Invece così tutto diventa TV. Diventa entertainment. Diventa attraction. E la realtà si fa sempre più lontana. Insieme alla capacità di analisi. Insieme alla gestione delle proprie emozioni, che in questo modo sono sempre forti, sempre riconoscibili (sempre le stesse) e sempre tirate fuori a forza dagli eventi esterni.
La tecnologia ci sta cambiando più profondamente di quanto non pensiamo. Non credo che sia né un bene né un male, solo che ce ne dobbiamo rendere conto.
lunedì 5 maggio 2008
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