mercoledì 14 maggio 2008

Le cose che non si possono dire (parte 2)

Uffa ... non c'è stato niente da fare. Stamattina dovevo davvero fare mille cose, ma da quando ho scritto il post omeopatico mi sono rifugiata nel mondo dei blog e non sono riuscita ad uscirne. Provo con un nuovo post, magari poi riesco a rilassarmi e a tornare nel mondo per fare tutte quelle noiose e faticose commissioni.
Stavo riflettendo di nuovo su tutte quelle cose che non si possono dire, perché ci fai la figura dello scemo. I gusti condivisi stranamente non diventano luoghi comuni. E non importa quanto puoi argomentare con intelligenza il tuo punto di vista, rimani uno a cui mancano proprio i fondamentali.
Una cosa che mi manda ai matti, e che i miei amici mi rinfacciano spesso, è che a me non piace viaggiare. Me lo rinfacciano perché i miei amici sono tutti dei viaggiatori nati. Alcuni sono viaggiatori non banali, cioè non sono di quelli che viaggiano appena possono perché gli piace tanto viaggiare. Hanno proprio basato la loro vita sul viaggiare e non fanno che salire da un aereo all'altro per andare a vedere, lavorare e vivere in posti ai quattro angoli del pianeta.
Questo per me dimostrerebbe che non sono affatto razzista con chi ha dei gusti diversi. E pretenderei una certa reciprocità.
Ma nessuno la pensa così ... tutti mi prendono per matta perché quando mi si propone un viaggio io non impazzisco, non mi sbrodolo addosso e non penso che sarebbe assolutamente meraviglioso.
Sia ben chiaro, quando dico che non mi piace viaggiare non sto dicendo che mi fa schifo. Assolutamente. Solo che non lo trovo uno dei piaceri della vita.
Se state pensando che sono una persona poco curiosa sbagliate. Sono una vera bertuccia. E mi incuriosiscono anche posti, usi e costumi diversi.
Ascolto attentamente i racconti di viaggio. Mi sorbetto ore di foto con entusiastica euforia. Vado su Internet per scoprire una certa usanza o una certa particolarità.
Però viaggiare non fa parte dei miei interessi principali, ne delle mie speranze per il futuro.
Per prima cosa io quando viaggio raramente mi diverto. Quando sono in un posto nuovo di solito cado in un mood che può essere di due tipi: assimilativo o tendente alla sopravvivenza.
Nel tipo assimilativo sono completamente attonita e proiettata sull'esterno. Guardo, annuso, osservo, ascolto. Insomma registro. Nel mood tendente alla sopravvivenza sono tesa come una corda di violino, aspettando di tornare a una normalità in cui la corda si potrà sciogliere e quella presunta invulnerabilità (costituita da respiro corto e muscoli irrigiditi) non avrà bisogno di esistere. A volte i due mood coabitano, ma con percentuali differenti.
La mia felicità, i miei gusti e le mie riflessioni arrivano dopo, quando, tornata in un ambiente familiare, alla registrazione (acquisizione dei contenuti) e alla successiva rielaborazione inconscia dell'esperienza, fanno seguito i primi risultati, che compaiono così, a cazzo, quando gli pare. Capita dunque che mentre sto facendo un'altra cosa mi torni in mente l'atmosfera di un certo posto e che questa venga associata ad una sensazione.

Quello che mi da proprio fastidio in realtà è lo spostamento. Io non concepisco gli spostamenti veloci, ne quelli lunghi.
Degli spostamenti veloci ho paura. Devo avere un qualche problema di equilibrio o di labirinto. Ogni volta che percepisco un'accelerazione (sia essa rettilinea o centripeta) entro in ansia. E quasi mai riesco a rielaborare l'ansia perché diventi un divertimento. Questo fa di me una persona da non portare con voi al luna park (vi vomiterei addosso sul primo tagadà).
L'aliscafo mi mette a disagio e vi dirò che non mi fa stare tranquilla neanche il tgv (quello da Marsiglia a Parigi che piotta talmente tanto che manco puoi guardare fuori dal finestrino sennò ti gira la testa) . Chiunque corra in macchina ha il mio sguardo torvo di disapprovazione.
L'aereo poi, oltre ad andare troppo veloce, è anche il perfetto contenitore di tutte le mie banali paure: paura di abbandonarsi, paura di non avere il controllo, paura di stare in un posto chiuso, paura di avere troppa gente intorno, paura di un attacco di panico. Quindi oltre a farmi paura mi fa sentire pure deficiente e va da se che non lo prendo se non ci sono proprio costretta.
Restano i treni, le navi e gli autisti tranquilli. Ma qui subentra l'insopportazione ai tragitti lunghi. In macchina resisto circa mezz'ora (sempre che non mi venga il mal d'auto), arrivo a un'ora se mi fate cantare a squarciagola o mi coinvolgete in qualche gioco appassionante. Dopodiché divento tipo Ciuchino in Srech II: "Siamo arrivati? Quanto manca? E adesso siamo arrivati?". Alla fine mi rinchiudo in un malumore rancoroso e silenzioso, in cui guardo tutti i cartelli, il contachilometri e l'orologio e faccio calcoli continui su quanto tempo dovrà passare prima di sgranchirmi le gambe che mi stanno formicolando (ogni tanto caccio anche un lamento). In treno e in nave posso camminare, quindi la cosa migliora notevolmente, ma prima o poi finisco per sentirmi prigioniera ovunque e do di matto oppure mi addormento.
Una bella rompicoglioni, no? Lo ammetto ... non deve essere allegro viaggiare con me. Ma, siccome poi nella vita tanto rompicoglioni non sono, tutti i miei amici hanno questo sogno. Quello di portare a farmi un bel viaggio perché qui o li ci divertiremmo come matti. Perché gli piacerebbe farmi vedere quello o fare con me quell'altro.

E la domenica mai nessuno che abbia voglia di vedere con me una mostra. "Sai - mi dicono - la fila mi stressa". Oppure "non ce la faccio a stare in piedi tutto quel tempo in mezzo a tutta quella gente"!
Però quando gli dici che non ti piace viaggiare ...

p.s.
Prima che Fabrizio faccia l'obiezione a questo post, devo mettere una grande eccezione: io adoro andare in barca a vela e la bolina per me è l'unica vertigine tollerabile su un mezzo. Questa non è davvero un'eccezione, perché la barca a vela (quando si è bene accompagnati) costituisce da subito un ambiente familiare. Quello che non sopporto in quel caso è scendere, cosa che faccio solo sotto minaccia di morire di fame o di un blocco intestinale ...

2 commenti:

Gibilix ha detto...

Qui devo commentare. Ma la cosa richiede una sigaretta, ora torno...

Gibilix ha detto...

Anzitutto brava a specificare l'eccezione, anche se la barca non la metterei nella categoria "viaggi", è proprio un'altra cosa.

2. (l'uno era il paragrafo precedente)
La mia felicità, i miei gusti e le mie riflessioni arrivano dopo, quando, tornata in un ambiente familiare, alla registrazione (acquisizione dei contenuti) e alla successiva rielaborazione inconscia dell'esperienza, fanno seguito i primi risultati, che compaiono così, a cazzo, quando gli pare.

verissimo, anche per i viaggiatori incalliti. Il piacere più grande è il bagaglio di ricordi ed esperienze che resta dopo che tutto il resto è decantato.

3) Sugli spostamenti veloci tendo sempre di più ad essere d'accordo con te. Per tutto tranne che per l'aereo: guarda che se rallenta allora sono cazzi per davvero! GLi resta solo provare a sbatterle quelle ali.

4) Sulla gente intorno negli aerei sono d'accordo, adesso poi con le low cost è praticamente impossibile prendere un aereo a medio raggio senza almeno tre classi in gita scolastica che urlano a squarciagola Braavoooooo all'autista dell'aereo quando atterra è notano stupiti che anche questa volta ce l'ha fatta

5) vabbé dai non è che te lo rinfacciamo... magari qualche volta proviamo a spronarti.

6) chi non viene alle mostre usa la scusa della fila, ma magari sotto sotto non gliene frega niente della mostra (?)